INDICE ARTICOLO
Definizione
L’alitosi, più comunemente definita come alito cattivo o alito fetido, è una condizione caratterizzata dalla presenza di un alito maleodorante, percepito sia dallo stesso paziente che dagli altri individui con cui interagisce. Già dalla semplice definizione clinica appaiono evidenti le spiacevoli ripercussioni dell’alitosi sullo stato psicologico del paziente e sui diversi rapporti interpersonali. A complicare ulteriormente il quadro clinico concorrono le diverse patologie, sia locali che sistemiche, potenzialmente responsabili dell’alitosi. Per questi motivi è fondamentale che il medico valuti le possibili condizioni riconducibili all’alitosi e attui tutte le pratiche adatte a controllare il disturbo.
Epidemiologia
L’alitosi è una condizione da sempre descritta nella letteratura medico-scientifica, costituendo un segno particolarmente importante dal punto di vista clinico. In ambito tradizionale, l’origine dell’alitosi veniva attribuita soprattutto a problemi del tratto gastro-enterico, puntualmente trattati con rimedi naturali, come ad esempio il prezzemolo nella tradizione italiana. Dai dati attualmente in possesso, emerge una prevalenza abbastanza elevata dell’alitosi nella popolazione mondiale. Più precisamente, circa 1/3 della popolazione mondiale adulta risulterebbe affetta da alitosi, in particolare da alitosi mattutina, mentre solo il 5% presenterebbe sintomi riconducibili a un alitosi severa meritevole di ulteriori accertamenti clinici. La percentuale di pazienti affetti da alitosi tende ad aumentare progressivamente con l’avanzare dell’età, correlandosi fortemente ai vari disturbi del cavo orale.
Classificazione
Dal punto di vista clinico, l’alitosi può essere generalmente suddivisa in:
- Alitosi primaria, se di origine polmonare, quindi caratterizzata da aria espirata direttamente dalle basse vie respiratorie;
- Alitosi secondaria, se legata a disturbi delle alte vie respiratorie o del cavo orale.
Oltre a questo tipo di classificazione, più anatomica che funzionale, esistono altre modalità di classificazione dell’alitosi. Più precisamente, sarebbe possibile suddividere l’alitosi in tre gruppi principali.
- Alitosi reale o genuina: a questa categoria appartengono sia l’alitosi fisiologica, come quella mattutina, sia l’alitosi patologica riconducibile a causa orali o extra-orali.
- Pseudoalitosi: ossia la percezione personale dell’alitosi senza tuttavia la reale esistenza. Questa condizione, clinicamente poco rilevante, può essere trattata dal dentista con semplice igiene orale o attraverso apposite tecniche di counseling.
- Alitofobia. Condizione clinica dal forte impatto psicologico caratterizzata dalla persistente paura di essere affetti da alitosi, in assenza di qualsiasi sintomo o segno riconducibile a tale disturbo. L’alitofobia rientra tra i disturbi della sfera psicologica-psichiatrica, in particolare nell’ipocondria monosintomatica, pertanto individuabile attraverso appositi questionari e trattabile con l’ausilio di uno psicoterapeuta.
Già da questa breve classificazione appaiono in maniera rilevante le ripercussioni di questa condizione sulla sfera psicologica e socio-relazionale del paziente affetto.
Diagnosi
Proprio per la complessità intrinseca di questa condizione e per le possibili ripercussioni socio-relazionali e psicologiche, è importante diagnosticare tempestivamente l’alitosi e mettere in atto tutti i rimedi possibili per arginarla. La diagnosi di alitosi si basa soprattutto su un’attenta anamnesi e un adeguato esame obiettivo. Il medico infatti dovrà valutare:
- Frequenza e durata del disturbo;
- Momento della giornata in cui il disturbo sembra più evidente;
- Eventuali terapie farmacologiche in atto;
- Eventuale uso di sostanze voluttuarie come alcool e tabacco;
- Eventuale segni clinici importanti, come calo di peso improvviso, febbre, anosmia etc;
- Lo stato generale del cavo orale e della lingua.
A sostegno di un’accurata anamnesi, il medico potrà avvalersi anche della cosiddetta valutazione organolettica, che rimane ancora il gold standard tra i metodi di indagine attualmente presenti. In questo caso la presenza di odori provenienti dal cavo orale ma non dal naso potranno essere ricondotti a disturbi del cavo orale o della faringe, mentre odori sgradevoli provenienti dalle sole narici potranno essere ricondotti a disturbi delle vie respiratorie, come nel caso della sinusite. Qualora questi esami non dovessero bastare, il medico potrà richiedere esami di secondo livello, come la gas-cromatografia (utile a ricercare la presenza di composti volatili sulfurei) o esami culturali o di biologia molecolare.
Gestione terapeutica
Diagnosticato il disturbo, il medico potrà mettere in atto tutti i possibili rimedi utili ad arginare l’alitosi. Evidentemente la scelta del percorso terapeutico più adatto dipenderà dal tipo di alitosi e dalle possibili cause. Tra gli strumenti utili a gestire questa condizione il medico potrà avvalersi:
- Dell’ausilio di un dentista o di un igienista dentale. Il compito di questi professionisti sarà quello di ripristinare, laddove necessario, un adeguato stato di salute ed igiene del cavo orale, fornendo al paziente tutti gli strumenti conoscitivi per mantenerlo.
- Del regolare uso di collutori, dentifrici e prodotti dell’igiene orale ad attività antisettica;
- Di periodiche visite mediche, atte a valutare lo stato di igiene del cavo orale e lo stato di salute della lingua;
- Dell’ausilio di un nutrizionista per correggere eventuali disturbi nutrizionali riconducibili ad esempio a un eccesso di flora batterica fermentativa nel cavo orale;
- Di rimedi “naturali” in grado di correggere l’alitosi soprattutto in alcune specifiche condizioni come il tabagismo;
- Di un adeguato intervento farmacologico atto a controllare l’eventuale presenza di patologie sistemiche (diabete, reflusso gastro-esofageo, cachessia, disturbi epato-biliari, disturbi endocrino-metabolici, patologie infettive) riconducibili all’alitosi;
- Di rimedi chirurgici atti a rimuovere alcune possibili cause di alitosi, come nel caso della tonsillectomia;
- Dell’ausilio di uno psicoterapeuta nella gestione della pseudoalitosi o dell’alitofobia.