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Magazine X115 X115 Bias | Cosa Sono? Definizione ed Esempi di Bias Comuni

Bias | Cosa Sono? Definizione ed Esempi di Bias Comuni

  • 14 minuti

Cosa sono

Un bias è un errore cognitivo indotto da automatismi mentali che portano a decisioni rapide ma imperfette.

Affidare le proprie scelte al cosiddetto intuito può portare a una mancanza di obiettività nel prendere decisioni, operando scelte sbagliate e irrazionali. Tutto ciò viene identificato dal termine bias.

Un bias cognitivo, quindi, identifica la tendenza a interpretare una questione sulla base di pregiudizi o ragionamenti stereotipati, che impediscono di affrontare l’argomento con la dovuta imparzialità.

Questa distorsione del ragionamento tende a causare errori di valutazione o perlomeno mancanza di oggettività nel giudizio.

I bias possono essere intenzionali e consapevoli, ma nella maggior parte dei casi risultano del tutto involontari o inconsci.

In campo scientifico, ad esempio, un bias volontario o intenzionale si verifica quando i ricercatori alterano deliberatamente alcuni aspetti dello studio per cambiare i risultati dell’esperimento. Questo tipo di pregiudizio, volto a "tirare acqua al proprio mulino", influenza le informazioni pubblicate affinché vadano nella direzione desiderata (ad es. dimostrando l’efficacia di un trattamento in realtà inefficace).

D’altro canto, un classico esempio di bias inconscio è l’effetto placebo, in cui le aspettative nei confronti del trattamento ne influenzano gli effetti percepiti.

Purtroppo i bias sono frequentissimi nella vita di tutti noi, tanto che in molti casi anche i ricercatori più esperti introducono involontariamente dei bias nei propri studi.

Spesso, i bias portano a prendere decisioni sbagliate o comunque irrazionali, nonostante la convinzione di aver ponderato attentamente le proprie scelte.

Cause

Le cause dei bias involontari vanno ricercate in limitazioni dell’elaborazione cognitiva umana o in modelli mentali inappropriati ad affrontare la situazione.

Nella vita di tutti i giorni, l’uso dell’intuito (pensiero impulsivo) al posto del pensiero analitico (rigoroso, logico, razionale), permette di risparmiare energie ed esprimere risposte pressoché immediate.

D’altro canto, in molti casi conduce a errori di valutazione.

Il rischio di bias, in questi casi, aumenta quando l’individuo non ha ancora maturato esperienza sufficiente per poter saltare qualche passaggio logico.

Il ritmo accelerato della vita moderna esige che si usino spesso scorciatoie mentali, aumentando il rischio di bias. Chi più chi meno, dunque, siamo tutti soggetti a compiere bias cognitivi, che possono avere ripercussioni più o meno gravi in base alla loro natura.

Bias o euristiche?

Le euristiche sono escamotage mentali, intuitivi e sbrigativi, che permettono di formulare un’idea con il minimo sforzo cognitivo.

La necessità di adottare queste scorciatoie durante i processi decisionali può facilmente condurre a bias.

Pertanto, i bias cognitivi possono essere considerati delle euristiche inefficaci.

Esempi di Bias

I bias cognitivi sono moltissimi (ne esistono almeno un centinaio) 1; di seguito analizziamo brevemente quelli più comuni insieme ai relativi esempi.

Bias di ancoraggio

Il bias di ancoraggio consiste nel prendere una decisione aggrappandosi alle prime informazioni trovate, che fungono da solido riferimento per le scelte successive.

Nonostante gli eventuali aggiustamenti del ragionamento, quest’ancora continuerà a condizionare pesantemente il giudizio finale.

L’ancoraggio può influire sul processo decisionale nelle negoziazioni, nelle diagnosi mediche e nelle sentenze giudiziarie.

In campo scientifico, ad esempio, il bias di ancoraggio fa sì che nel diagnosticare una malattia un medico possa rimanere "intrappolato" nell’idea iniziale, sottovalutando nuove informazioni che renderebbero meno probabile la sua idea.

Il bias di ancoraggio si può osservare anche durante la trattativa sul prezzo d’acquisto. Ad esempio, in alcuni casi l’intera trattativa verte intorno alla prima cifra proposta da una delle controparti.

Altre volte, quando si effettua un acquisto online si rimane ancorati al prezzo di listino; nonostante tale prezzo sia decisamente eccessivo, lo sconto successivo fa apparire l’offerta altamente conveniente quando in realtà non lo è.

Bias di conferma

Spesso legato al precedente, il bias di conferma consiste nella tendenza a cercare elementi che supportino le proprie convinzioni, ignorando o sottovalutando le evidenze che le contraddicono.

Ad esempio, quando le persone effettuano una ricerca su argomenti scientifici, tendono a prendere in considerazione, a valorizzare e a ricordare solo notizie, pareri o evidenze che confermano la loro idea iniziale.

Questa ricerca selettiva delle prove può portare a errori di valutazione grossolani, fino a condurre al cieco "fanatismo".

Allo stesso modo, un giornalista può inconsapevolmente intervistare solo quegli esperti che supportano le sue vedute sul tema che sta trattando.

Ancora, il bias di conferma può indurre i medici a ricercare le informazioni che confermano le loro diagnosi, senza essere sufficientemente aperti ad accettare possibilità contrarie.

I pregiudizi che portano a ignorare le evidenze contraddittorie tendono a essere ancora più forti in campo politico, religioso o sociale.

Gli algoritmi che nei social media offrono informazioni basate sugli interessi degli utenti alimentano fortemente i bias di conferma, creando delle “bolle” in cui vengono automaticamente offerte soltanto conferme alle proprie convinzioni.

Bias della scelta

Strettamente correlato ai bias di conferma e ancoraggio, questo pregiudizio porta le persone a difendere a spada tratta le proprie scelte, anche quando risultano evidentemente sbagliate.

Piuttosto che ammettere i propri errori, le vittime di questo bias si sforzano di fornire ogni elemento utile, anche illogico, per valorizzare la propria decisione (in altre parole "si arrampicano sugli specchi").

Questo bias può anche essere chiamato "effetto struzzo", nel senso che si tende metaforicamente a "nascondere la testa nella sabbia" di fronte a elementi che contrastano le proprie convinzioni.

Un altro bias correlato è l’effetto backfire, che spinge a rafforzare le proprie convinzioni, anche se sbagliate, quando vengono minacciate.

Dissonanza cognitiva

Molto simile ai bias fin qui analizzati, la dissonanza cognitiva si verifica quando una persona viene messa di fronte a elementi contraddittori che, se accettati, ribalterebbero le proprie convinzioni.

In questi casi le persone, piuttosto che rivalutare i propri pregiudizi, mettono in atto una serie di ragionamenti, anche palesemente assurdi, per avvalorarli.

Tenderanno ad esempio a costruire una spiegazione verosimile per supportare le proprie convinzioni, anche se si tratta di ragionamenti illogici.

Bias del senno di poi

Il bias del senno di poi fa sì che il manifestarsi di un determinato evento instilli la convinzione che questo fosse facilmente prevedibile.

In pratica, il semplice fatto che un determinato evento si realizzi porta a ritenerlo più probabile di quanto lo fosse in realtà.

Avendo accesso agli eventi e alle informazioni in maniera retrospettiva, sembra infatti semplice metterli in relazione, quando in realtà a priori sarebbe stato molto difficile trovare un nesso causale.

Questa illusione di aver capito il passato alimenta l’illusione di poter prevedere e controllare il futuro.

Pensiamo ad esempio a quando un medico giunge a una diagnosi tardiva, non riuscendo a formularla in tempo. Nel momento in cui la corretta diagnosi viene formulata, si può pensare che fosse facile giungere a quella conclusione in base ai dati clinici che erano disponibili fin dal principio.

Favoritismo di gruppo

Il cosiddetto in-group bias consiste nella tendenza a favorire persone appartenenti al proprio gruppo (culturale, etnico, sportivo, sociale ecc.) anziché persone esterne.

Ad esempio, i forti sostenitori di una squadra o di un partito politico tendono a percepire negativamente le persone dei partiti o delle squadre rivali, indipendentemente dalle loro qualità individuali.

Molto simile è anche il bias della riprova sociale, per il quale le persone tendono a sposare le idee o le convinzioni del "gruppo sociale" a cui appartengono.

Bias narrativo

Il bias narrativo si riferisce alla tendenza delle persone a interpretare le informazioni come parte di una storia o di un modello più ampio, indipendentemente dal fatto che i fatti supportino la narrazione nel suo complesso.

Strettamente legato a esso è il bias dei dettagli seduttivi, per cui un argomento infarcito da dettagli veritieri e magari importanti appare credibile e convincente anche quando è falso.

Si parla anche di illusione di casualità o correlazione illusoria, per cui un fatto vero porta automaticamente a ritenere vero un fatto a esso correlato, nonostante le due cose siano in realtà indipendenti.

Ad esempio, quando una persona subisce un furto durante la prima visita a una città, sarà portata a identificare quel luogo come affetto da un alto tasso di criminalità, quando magari si è trattato semplicemente di un caso sporadico e sfortunato.

Eccesso di fiducia

Questo bias consiste nell’eccessiva fiducia (overconfidence) nei confronti delle proprie capacità, ad esempio di giudizio.

L’eccesso di fiducia è connesso con il cosiddetto effetto Dunning Kruger, che porta a sovrastimare le proprie competenze in un ambito quando in realtà risultano scarse.

Secondo l’effetto Dunning Kruger, le persone scarsamente esperte su un tema hanno un livello di convinzione delle proprie idee e delle proprie posizioni superiore a quello delle persone più esperte a riguardo.

Bias della disponibilità

Questo bias consiste nel sovrastimare le informazioni impresse nella propria memoria.

In pratica, più un evento emerge facilmente dalla memoria, più lo si ritiene probabile e frequente.

Per lo stesso motivo, le persone temono soprattutto i rischi che sono ancorati ai propri ricordi, o di cui si parla molto (vedi "bombardamento mediatico"), ignorando i dati statistici.

Ad esempio, se in una famiglia c’è un’elevata tendenza a una certa malattia, magari relativamente rara, è probabile che il primo pensiero di fronte a un sintomo sospetto vada a quella malattia, sebbene altre spiegazioni siano molto più plausibili.

Allo stesso modo, la recente esperienza di un medico nel diagnosticare una malattia può aumentare la sua propensione a cercare elementi che supportano una diagnosi analoga.

Illusione della frequenza

I meccanismi che sostengono il bias della disponibilità giustificano anche la cosiddetta illusione della frequenza.

Nota anche come fenomeno Baader-Meinhof, l’illusione della frequenza è un bias per cui, dopo aver notato qualcosa per la prima volta, si tende a notarla più spesso, portando a credere che ciò abbia un’elevata frequenza.

Ad esempio, dopo essere stati attirati da una particolare auto nel traffico, tenderemo inconsapevolmente a notare con maggiore attenzione la stessa auto quando si ripresenterà.

In altre parole, la nostra percezione della realtà è significativamente influenzata da ciò che desideriamo in quel dato momento.

Bias di omissione

Il bias di omissione fa sì che quando una persona si trova in condizioni di incertezza tenda a mantenere una posizione di neutralità piuttosto che agire.

In questi casi, la paura del cambiamento porta l’individuo a rimanere in una sorta di “bolla”, senza esprimere alcuna preferenza.

Attualizzazione iperbolica

L’attualizzazione iperbolica identifica la propensione delle persone a scegliere il piacere immediato rispetto alla felicità a lungo termine.

In base a questo fenomeno, si tende ad acquistare in eccesso alimenti che consideriamo sani ma che per noi sono poco appetibili. Spesso accade che il consumatore consumerà nei primi giorni gli alimenti più golosi, anche se malsani, mentre quelli più salutari finiranno in buona parte per essere gettati.

Lo stesso dicasi con i risparmi, per cui vi è una tendenza a proiettare nel futuro il proposito di risparmiare, mentre i "piccoli regali" della quotidianità finiscono col vanificare tale proposito.

Tutto ciò deriva dalla propensione dell’essere umano alla gratificazione immediata.

Bias del Costo

Il bias del costo più rappresentativo è il cosiddetto “effetto dotazione”.

Tale bias ci porta ad attribuire a un bene che possediamo (ad es. un’auto o una casa) un prezzo superiore rispetto a quello che saremmo disposti a pagarlo se non lo possedessimo.

Tale discrepanza si sposa con l’avversione alle perdite, per cui quando un investimento sta andando male si tende più facilmente a mantenerlo attivo nella speranza che si risollevi (esponendosi così al rischio di ulteriori perdite), piuttosto che cederlo e concentrarsi su nuove opportunità di guadagno che compensino le perdite.

Sul risvolto della medaglia, le persone tendono a preferire un mancato guadagno a una perdita. Per questo motivo, prestano molta più attenzione a minimizzare i costi e le perdite piuttosto che a massimizzare i guadagni.

Ad esempio, se un paio di scarpe scomode ci è stato regalato, tendiamo ad abbandonarne l’uso molto più facilmente rispetto a quando lo abbiamo pagato a caro prezzo. In quest’ultimo caso tendiamo a ignorare i possibili rischi economici di tale scelta (dolore ai piedi, necessità di visite mediche, interferenza con le attività quotidiane ecc.) e i benefici che otterremo smettendo di indossarle.

Per lo stesso motivo, se acquistiamo un biglietto per il cinema, tendiamo a rimanere nella sala fino alla fine della proiezione anche quando il film non ci aggrada. Proprio perché "abbiamo pagato il biglietto" e subìto una perdita, tendiamo a ignorare il fatto che uscendo dal cinema potremmo investire meglio il nostro tempo ottenendo un guadagno o ricercando una gratificazione.

Bias nella Scienza

In campo scientifico, un bias porta a una distorsione dalla verità e a conclusioni errate.

Ciò può tradursi  in errori diagnostici o terapeutici e in un ritardo nell’accettazione di nuove scoperte scientifiche.

Aldilà dei bias volontari, introdotti per sostenere determinate conclusioni traendone un vantaggio personale, esistono moltissimi bias altamente insidiosi e del tutto involontari.

Giusto per fare un esempio, lo studioso che esamina gli effetti di un trattamento può inconsapevolmente dare un peso eccessivo agli elementi che avvalorano la sua tesi, ignorando o sottopesando quelli che la contrastano.

Fortunatamente, per limitare l’introduzione di bias si possono adottare diversi accorgimenti.

Ad esempio, la cosiddetta revisione tra pari (in inglese peer review) prima della pubblicazione dello studio permette di identificare eventuali bias, limitando il rischio di pubblicare informazioni fuorvianti. Quest’attività è basata sull’analisi dello studio da parte di specialisti aventi competenze analoghe ("i pari" appunto) a quelle degli Autori dello studio.

Esempi di bias comuni nella ricerca scientifica

I bias della ricerca scientifica possono nascondersi a vari livelli, come la raccolta, l’analisi, l’interpretazione e la pubblicazione dei dati.

Bias di selezione 

Il bias di selezione consiste in errori dipendenti dalla scelta dei candidati da sottoporre a uno studio.

Affinché i risultati dello studio siano attendibili, il campione dei soggetti studiati dev’essere effettivamente rappresentativo della popolazione che si intende studiare.

Per esempio, se si analizza la frequenza di una determinata malattia in una popolazione selezionata (es. fumatori, determinate fasce di età o categorie professionali ecc.), i risultati raccolti saranno validi soltanto per la popolazione esaminata (quindi non potranno essere estesi a popolazioni diverse).

Per fare un altro esempio, il tasso complessivo di mortalità tra i lavoratori può risultare più basso rispetto a quello della popolazione generale di pari età semplicemente perché nella popolazione generale è presente un numero consistente di persone che non lavorano a causa di gravi patologie.

Un bias di selezione più sottile e insidioso consiste nell’arruolare inconsapevolmente soggetti con forme gravi della malattia, ottenendo in questo modo conclusioni che potrebbero non essere valide per i soggetti con forme più lievi.

Una volta selezionata correttamente la popolazione di studio, è importante effettuare la cosiddetta randomizzazione (ovvero assegnare in modo del tutto casuale i partecipanti ai due gruppi analizzati, ad esempio chi riceve il trattamento e chi no).

La randomizzazione aumenta la probabilità che i due gruppi siano simili (in partenza), e che eventuali differenze negli esiti (di efficacia e sicurezza) dipendano solamente dal tipo di intervento assegnato.

Limiti degli studi osservazionali

I bias di selezione sono il principale limite dei cosiddetti studi osservazionali.

Ad esempio, immaginiamo che tra le persone che usano un determinato farmaco si osservi una maggiore incidenza di una determinata malattia rispetto alla popolazione generale.

Ciò induce a pensare che il farmaco sia responsabile di quella malattia. In realtà, tale relazione può dipendere dal fatto che le persone che assumono quel farmaco sono predisposte a sviluppare la malattia o semplicemente risultano più monitorate (portando a identificare casi di malattia che altrimenti rimarrebbero sconosciuti).

Bias di pubblicazione

Il bias di pubblicazione si riferisce a una maggiore tendenza a pubblicare studi dai risultati positivi rispetto a quelli dai risultati negativi.

La preponderanza dei primi rispetto ai secondi può dare la falsa impressione che un trattamento, un integratore o un protocollo risulti efficace quando in realtà non lo è.

Effetto placebo

L’effetto placebo è uno dei bias cognitivi più conosciuti.

Nel campo della ricerca scientifica, consiste nell’influenza che le aspettative sugli effetti di un trattamento esercitano sugli esiti del trattamento stesso.

In pratica, l’effetto placebo si verifica quando determinati interventi portano a un risultato benefico nonostante siano privi di questo potenziale.

Bias di soddisfazione della ricerca

Questo bias consiste nella tendenza a credere che la conoscenza raggiunta sia sufficiente e completa.

Ad esempio, una volta individuata una diagnosi, c’è la tendenza a fermarsi senza proseguire con la ricerca di possibili complicazioni o comorbilità.

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