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Introduzione
Tra le principali cause di caduta e perdita dei denti nella popolazione occidentale adulta, soprattutto nei paesi industrializzati, vi è sicuramente la parodontite. Secondo diverse stime, infatti, la prevalenza di questa patologia potrebbe raggiungere ben il 30% nella popolazione adulta, nonostante una distribuzione area ed etnia specifica. Le gravi conseguenze della parodontite sulla meccanica masticatoria, oltre che evidentemente sull’estetica dentale, potrebbero ripercuotersi negativamente sullo stato nutrizionale del paziente, oltre che sulla qualità di vita generale e in particolare sui rapporti interpersonali. Per questi motivi, negli ultimi anni, al fine di individuare protocolli terapeutici efficaci, ci si è concentrati molto sullo studio della patogenesi e sull’individuazione dei fattori di rischio.
Patogenesi
Per quanto la parodontite rientri tra le patologie infiammatorie del cavo orale, pertanto caratterizzata da una patogenesi alquanto complessa, come principale causa di questo disturbo è oggi riconosciuta l’iperproliferazione di particolari specie patogene. Più precisamente, in seguito ad una prima fase infiammatoria a carico delle gengive, verrebbe a ricrearsi una tasca tra la gengiva ed i denti, ideale per l’annidamento di vari batteri. Affinchè tuttavia si sviluppi la patologia parodontale, dovrebbe ricrearsi un particolare microambiente in grado di elicitare la massima virulenza ad opera dei microrganismi in questione, costituenti attivi della placca dentaria. Questi agenti patogeni infatti dovranno:
- Aderire alla mucosa del cavo orale, in particolare alla tasca creata, mediante l’espressione di specifiche strutture note come fimbrie e di fattori di adesione definiti adesine;
- Formare un biofilm attivo strettamente adeso alla superficie della mucosa dell’ospite;
- Moltiplicarsi, determinando un ulteriore variazione del microambiente;
- Invadere il tessuto circostante, dapprima il tessuto epiteliale e successivamente fibroblasti ed eventualmente cellule endoteliali.
Questo determinerà un completo sovvertimento istologico delle strutture parodontali, con conseguente attivazione di specifici meccanismi di risposta. Di quasi i 500 batteri individuati come elementi determinanti nella formazione della placca batterica, i protagonisti delle parodontiti sembrerebbero principalmente l’Actinobacillus actinomycetecomitans, il Campylobacter rectus e l’Eikenella corrdens, tra le specie anerobiche, e il Porphyromonas gengivalis, il Bacteroides forsythus, il Treponema denticola, la Prevotella intermedia, il Fusobacterium nucleatum, l’Eubacterium, e le spirochete tra le specie aerobiche. L’infiammazione che seguirebbe a tale infezione ed invasione alimenterebbe la patologia, cronicizzandola.
Cause e fattori di rischio della parodontite
Considerando la persistenza della placca batterica e la crescita esponenziale di queste specie come fattore determinante l’insorgenza di parodontite, esistono dei fattori di rischio e delle cause di parodontite epidemiologicamente interessanti. Diverse sono le cause ed i fattori di rischio per la parodontite, alcune modificabili e prevenibili altre no. Al momento tra i principali fattori predisponenti ritroveremmo:
- Fattori di rischio non modificabili, come alcuni assetti genetici particolari, osservati anche in diversi studi condotti su gemelli, che favorirebbero la cronicizzazione del processo infiammatorio;
- Fattori di rischio locali quali:
- Alterazioni della composizione della saliva;
- Alterazioni della flora del cavo orale;
- Scarsa igiene del cavo orale;
- Respirazione orale;
- Traumi occlusali;
- Stimoli termici o meccanici;
- Fattori di rischio sistemici quali:
- Malnutrizione;
- Stress;
- Tabagismo;
- Cambiamenti ormonali come quelli osservabili in gravidanza;
- Patologie sistemiche come il diabete, patologie oncologiche e patologie infiammatorie croniche, caratterizzate da alterazioni significative della funzionalità immunitaria;
- Patologie farmacologiche con agenti immunosopressori o chemioterapici.
Tra le cause di maggior rilievo, per incidenza e diffusione nella popolazione adulta occidentale, vi è sicuramente il tabagismo. Numerosissimi studi sia di natura epidemiologica che trasversali e longitudinali condotti negli anni, hanno dimostrato come i prodotti della combustione del tabacco siano in grado di alterare profondamente il microambiente del cavo orale, con ripercussioni anche di natura sistemica. Più precisamente il fumo di sigaretta indurrebbe da un lato un processo di infiammazione cronica, in grado di alimentare la patologia di fondo, dall’altro una profonda compromissione della normale attività del sistema immunitario. Il rilascio massivo di citochine infiammatorie, proteasi, enzimi ed altre sostanze determinerebbe un sensibile aggravamento del quadro clinico, addirittura con alterazioni apprezzabili sul normale riassorbimento osseo. Il fumo di sigaretta, quindi, oltre a compromettere lo stato di salute del cavo orale, limiterebbe fortemente anche l’efficacia della terapia, aggravando sensibilmente il quadro clinico.