Le fonti alimentari di vitamina D sono limitate al pesce grasso e ai funghi esposti alla luce. Piccole quantità si trovano nelle uova (nel tuorlo), nella carne e nei latticini.
Classicamente ritenuta fondamentale nel bilancio del metabolismo di alcuni minerali, come il Calcio e il Fosforo, la Vitamina D ha rivoluzionato negli ultimi anni il panorama della medicina molecolare e della vitaminologia, manifestando proprietà biologiche del tutto innovative.
Funzioni differenziative, come osservato in diversi studi nei quali l’1,25 di-idrossicolecalciferolo si sarebbe rivelato utile nel guidare il processo differenziativo cellulare interagendo con il suo recettore specifico VDR;
Funzioni immunologiche legate alla presenza del medesimo recettore su cellule del sistema immunitario come monociti, macrofagi, cellule dendritiche e linfociti T regolatori. In questo caso la Vitamina D sembrerebbe possedere un ruolo prezioso immunomodulatorio soprattutto nei confronti delle patologie autoimmuni.
Funzioni metaboliche, descritte in recentissimi studi, nei quali si osserverebbe una correlazione diretta tra Vitamina D e secrezione di insulina;
Funzioni cardioprotettive, legate per lo più all’attività antipertensiva della Vitamina D;
Funzioni antinfiammatorie, preziose nel modulare lo sviluppo di processi flogistici direttamente coinvolti nella genesi di differenti condizioni patologiche anche ad andamento cronico-degenerativo.
Tralasciando gli stati carenziali “patologici di Vitamina D” – solitamente associati a problemi metabolici di grave entità e responsabili di rachitismo, osteomalacia, dolore e debolezza muscolare – esistono differenti condizioni sub-carenziali correlate a quadri clinici cronico-degenerativi.
Per questo motivo sarebbe opportuno individuare i fattori di rischio associati a tali condizioni, diffusi purtroppo anche nelle popolazioni vicine all’equatore, dove l’adeguata esposizione alla luce solare dovrebbe risultare un importante fattore protettivo.
Alcuni dei principali fattori di rischio associati a stati carenziali di Vitamina D includono:
condizioni geografiche, in particolare latitudini elevate,
inquinamento ambientale;
situazioni culturali come l’eccessiva protezione dalla luce solare,
pigmentazione cutanea scura,
particolari assetti genetici,
età avanzata,
inadeguate abitudini dietetiche (es. dieta vegana o astensione dal consumo di pesce),
patologie intestinali da malassorbimento,
malattie infiammatorie intestinali,
obesità
Vitamina D e fumo
Differenti studi epidemiologici hanno evidenziato associazioni significative tra livelli di Vitamina D e funzioni polmonari, spingendo così differenti ricercatori a caratterizzarne l’attività soprattutto in certi contesti a rischio, come per i fumatori.
E’ noto infatti come le malattie respiratorie associate al fumo vedano una comune genesi legata alla cronica esposizione a fattori pro-infiammatori e pro-ossidanti, responsabili di un danneggiamento delle strutture cellulari direttamente coinvolte nella genesi di bronchiectasie, broncopneumopatie croniche ostruttive, declino della funzionalità respiratoria, lesioni pre-cancerose e cancro.
In uno studio longitudinale e trasversale si è infatti osservato come il fumo di sigaretta diminuisca la produzione della forma attiva di Vitamina D nelle cellule epiteliali polmonari, alterando inoltre la normale espressione del recettore VDR.
Questi due eventi molecolari contribuirebbero, proprio in virtù del ruolo antinfiammatorio ed immunomodulatorio della Vitamina D, all’insorgenza di un quadro flogistico locale, monitorabile attraverso l’aumentata espressione di citochine infiammatorie.
Da questo stato infiammatorio locale scaturirebbero patologie fumo-correlate come la BPCO e il cancro.
Situazione completamente sovrapponibile anche per il contesto ossidante, in particolare per l’azione genotossica dei radicali liberi dell’ossigeno e l’azione favorente sulle patologie dell’epitelio polmonare e delle alte vie respiratorie.
In uno studio su 2.263 soggetti di età compresa tra 3 e 17 anni, la carenza di vitamina D si osservava nel 15,1% dei bambini non esposti al fumo di tabacco, nel 20,9% nei bambini esposti al fumo passivo e nel 18,0% dei giovani fumatori 1. Anche gli studi sugli adulti indicano un’associazione tra fumo e bassi livelli di vitamina D2.
Alla luce delle evidenze epidemiologiche e dell’importante ruolo biologico della Vitamina D, la supplementazione opportuna di questa Vitamina nei fumatori potrebbe rivelarsi utile nel:
Ritardare il declino della funzionalità respiratoria, osservato attraverso analisi spirometrica;
Contrastare l’attività pro-ossidante del fumo di sigaretta, incrementando il pull di antiossidanti endogeni;
Preservare il tessuto epiteliale delle alte e delle basse vie respiratorie, dall’effetto trasformante dei cancerogeni derivati dalla combustione del fumo di sigaretta;
Controllare la progressione di patologie croniche fumo-correlate come la BPCO;
Preservare la corretta funzionalità del sistema immunitario.
Queste evidenze quindi suggerirebbero l’importante ruolo della Vitamina D per la salute pubblica, identificando nei 20-30 ng/ml le concentrazioni ematiche sufficienti a dimostrare un’azione preventiva nei confronti del danno fumo-indotto.
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