L’autofagia è un processo biologico deputato al degrado e al riciclo delle componenti cellulari danneggiate, malfunzionanti o estranee.
L’autofagia rappresenta pertanto un processo di “pulizia, disintossicazione e rinnovamento cellulare“.
Eliminando gli organelli e i componenti danneggiati o malfunzionanti, e riciclandone gli elementi costitutivi, l’autofagia permette il rinnovamento cellulare, rigenerando l’organismo con cellule più sane.
A Cosa Serve
L’autofagia è un processo cellulare attivo anche nelle normali condizioni fisiologiche, che vede come protagonisti i lisosomi. Esiste quindi un’autofagia di base che lavora costantemente nel mantenimento degli equilibri cellulari.
L’autofagia può anche essere stimolata (autofagia indotta) da particolari condizioni.
L’autofagia indotta può essere interpretata come una risposta adattativa allo stress, che favorisce la sopravvivenza delle cellule e dell’organismo 2.
L’autofagia è attiva anche in condizioni di crescita cellulare, quando facilita lo smaltimento di proteine e organelli in sovrannumero o danneggiati prima che diventino tossici per la cellula.
Il Premio Nobel 2016 per la Medicina è stato assegnato al biologo Yoshinori Ōsumi per aver scoperto i meccanismi morfologici e molecolari dell’autofagia negli anni ’90 3, 4.
prevenire l’accumulo di prodotti di scarto nocivi;
mantenere la funzione degli organelli cellulari;
eliminare materiali cancerosi;
rimuovere gli agenti patogeni invasori e controllare l’infiammazione;
sostenere le cellule durante i periodi di basso apporto energetico dovuto al digiuno o alla fame.
In questo modo, l’autofagia sembra estendere la durata della vita di diverse specie 6.
Prevenzione delle Malattie
Un’autofagia rallentata o meno efficiente sembra coinvolta nell’invecchiamento precoce, nell’ipervirulenza dei patogeni e nell’aumentato rischio di malattie cronico-degenerative, come cancro, neurodegenerazione (es. morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica), malattie cardiache, diabete e infezioni 7, 8, 9.
L’autofagia gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento di una cellula sana e il suo malfunzionamento è associato a un’ampia gamma di patologie.2.
La ricerca suggerisce che l’autofagia può anche proteggere dal declino mentale legato all’età10. Inoltre, studi post-mortem sul cervello di individui con depressione e schizofrenia hanno identificato carenze nei percorsi autofagici essenziali 11, 12.
L’autofagia ha anche un ruolo protettivo contro il diabete, preservando la struttura e la funzione delle cellule del pancreas che producono insulina 13.
Ruolo nel Sistema Immunitario
L’autofagia viene ampiamente sfruttata dal sistema immunitario innato per combattere l’invasione microbica 14, 15.
Molti attori del sistema immunitario hanno la capacità di inglobare e digerire batteri, virus e parassiti, che sono patogeni intracellulari rigorosi. Questo fenomeno è chiamato xenofagia.
L’autofagia può uccidere gli agenti patogeni che causano malattie e stimolare le risposte immunitarie; tuttavia, può anche disseminare agenti patogeni durante la patogenesi. Pertanto, può svolgere un duplice ruolo nelle infezioni 16.
Inoltre, l’autofagia ha altri ruoli nell’immunità, come il controllo delle risposte infiammatorie e la presentazione dell’antigene da parte dei macrofagi 17.
L’importante ruolo dell’autofagia nel controllo dell’infiammazione aiuta a prevenire quello stato di infiammazione cronica che sta alla base di numerose malattie 18.
L’autofagia promuove la sopravvivenza cellulare e migliora l’efficienza complessiva dell’organismo.
Il "segreto" per stimolarla è quello di indurre uno stress sufficientemente forte da iper-attivarla, ma non così intenso da provocare danni significativi 19.
Dieta e Autofagia
Quando le risorse nutritive sono limitate, le cellule si attivano per abbattere e rielaborare tutti i tipi di macromolecole, comprese proteine, lipidi e carboidrati.
In questo modo, la cellula ottiene elementi costitutivi che possono essere riutilizzati per la sintesi di nuove macromolecole e la produzione di energia 20.
Restrizione calorica e digiuno intermittente
La restrizione calorica è un regime alimentare che riduce l’apporto di calorie al di sotto del fabbisogno energetico dell’organismo.
La dieta viene attentamente calibrata per ridurre le calorie garantendo comunque un apporto nutritivo (vitaminico, proteico, minerale e idrico) adeguato ai fabbisogni dell’organismo.
La restrizione calorica può essere ottenuta con varie tecniche, ad esempio digiunando uno o due giorni alla settimana, oppure limitando l’assunzione quotidiana di cibo in un periodo di 8 ore. Queste pratiche sono note come digiuno intermittente.
Gli studi su animali hanno ripetutamente dimostrato che il digiuno a lungo e breve termine aumenta l’autofagia ed è collegato a un invecchiamento ritardato e a un ridotto rischio di tumori 21, 22, 23, 24.
Ciò è supportato anche da studi sull’uomo che dimostrano che il digiuno intermittente riduce il danno ossidativo e promuove cambiamenti che possono essere collegati alla longevità 25, 26, 27, 28.
È stato anche dimostrato che il digiuno a breve termine induce una profonda autofagia neuronale e può essere un buon metodo per combattere le condizioni neurodegenerative29.
Si ritiene che il diminuito afflusso di nutrienti alle cellule attivi l’autofagia per aumentare l’efficienza metabolica e il riciclaggio dei componenti cellulari. Cellule più efficienti possono quindi continuare a funzionare correttamente con un minor apporto di nutrienti 30.
Dieta Chetogenica
La dieta chetogenica è un regime alimentare che limita drasticamente l’assunzione di carboidrati, compensando con un’aumenta assunzione di grassi.
Questo particolare regime alimentare determina uno spostamento dell’uso di energia dal glucosio ai chetoni.
Lo stesso evento metabolico si verifica con il digiuno prolungato. Pertanto, la dieta chetogenica imita le risposte metaboliche al digiuno e può così portare a un aumento dell’autofagia 31.
Secondo studi sugli animali, le diete chetogeniche possono promuovere l’autofagia nel cervello 32.
Nutrienti Benefici
In associazione alla restrizione calorica, alcuni composti negli alimenti o negli integratori possono attivare i meccanismi dell’autofagia.
Questi collegamenti sono emersi da studi su animali o cellule, quindi non ci sono abbastanza prove per sostenere che certi fattori nutrizionali aumentino l’autofagia negli esseri umani.
Tuttavia, molti dei nutrienti/integratori che sembrano poter favorire l’autofagia hanno già dimostrato di avere benefici importanti per la salute umana.
Diversi studi preliminari hanno riportato la capacità del resveratrolo di indurre l’autofagia nelle cellule 34, 35.
Nei ratti, la restrizione calorica associata al resveratrolo ha promosso l’autofagia nel cuore, mentre i due interventi isolati non hanno prodotto benefici in tal senso 36.
Il resveratrolo è stato associato anche a numerosi altri potenziali benefici, ma la sua ridotta biodisponibilità nell’uomo solleva molti dubbi.
Caffeina
Uno studio sui topi ha associato il consumo di chicchi di caffè ricchi di polifenoli a un aumento significativo dell’autofagia 37.
Curcumina
In uno studio sui topi, la curcumina ha attivato l’autofagia e ha invertito alcuni dei danni causati dall’osteoartrite 38.
Tè Verde
Secondo uno studio sui topi, i principi attivi del tè verde possono attivare l’autofagia.
In particolare, i polifenoli come l’epigallocatechina-3-gallato (EGCG) somministrati ad altissime dosi hanno attivato l’autofagia nel fegato dei topi 39.
Vitamina D
Nei topi e nelle cellule isolate, la vitamina D ha indotto l’autofagia nelle cellule beta pancreatiche, dimostrando una potenziale utilità nella prevenzione del diabete 40.
Spermidina
È stato segnalato che la spermidina aiuta con il declino correlato all’età e prolunga la durata della vita di diversi organismi attraverso l’attivazione dell’autofagia 41.
Alcuni ricercatori hanno quindi suggerito che potrebbe indurre l’autofagia anche negli esseri umani e ritardare di conseguenza l’invecchiamento 42.
Acidi grassi Essenziali
Gli integratori contenenti grassi polinsaturi omega 6 e 3 possono aumentare l’autofagia 43, 44.
In uno studio su ratti con lesioni cerebrali traumatiche, gli acidi grassi omega-3 hanno promosso l’autofagia e prevenuto la morte dei neuroni 45.
Trealosio
Il trealosio è uno zucchero che attiva diversi percorsi di stimolazione dell’autofagia 46, 47, 48.
Il trealosio può anche ridurre i livelli di proteine inclini agli aggregati e migliorare la citotossicità nei modelli di malattie neurodegenerative 49.
Il trealosio potrebbe quindi essere utilizzato per indurre in modo sicuro l’autofagia nei disturbi neurodegenerativi, come il morbo di Parkinson e il Morbo di Alzheimer.
È stato dimostrato che l’esercizio fisico aerobico (corsa, jogging, ciclismo, sci di fondo ecc.) induce l’autofagia nei tessuti muscolari e nel cervello negli animali.
Probabilmente tale risposta è indotta dallo stress prolungato associato allo sforzo fisico 50.
Sappiamo, ad esempio, che l’attività aerobica aumenta il consumo di ossigeno e con esso lo stress ossidativo. Tuttavia, allo stesso tempo, stimola i sistemi antiossidanti endogeni, rendendoli più efficaci ed efficienti.
Gli eventi stressanti indotti dall’esercizio fisico sono in grado di attivare il meccanismo di sopravvivenza dell’autofagia, che migliora l’efficienza mitocondriale, il turnover proteico e il metabolismo.
Queste risposte adattative generalmente portano all’ottimizzazione dell’omeostasi dei lipidi e del glucosio e al miglioramento delle prestazioni di resistenza 51.
Farmaci
L’induzione farmacologica dell’autofagia è uno degli approcci più promettenti per il trattamento di alcune malattie, in particolare di quelle neurodegenerative.
Attualmente, gli studiosi stanno ancora cercando farmaci che stimolino la degradazione delle macromolecole tossiche accumulate nei neuroni, senza gravi effetti negativi 1.
Uno dei problemi più importanti da superare è proprio la comparsa di gravi effetti avversi quando vengono testati forti stimolatori dell’autofagia.
Tali effetti sono stati osservati per farmaci come rapamicina, nimodipina, loperamide, niguldipina, nicardipina, panitrem A, fluspirilene, calpastatina e carbamazepina.
Sirolimus (rapamicina), induce l’autofagia inibendo mTOR 52. Questo farmaco viene normalmente usato come immunosoppressore nel trattamento di pazienti sottoposti a trapianto.
La carbamazepina, un farmaco utilizzato principalmente per il trattamento dell’epilessia e del dolore neuropatico, induce l’autofagia e ha dimostrato di agire sul Mycobacterium tuberculosis multiresistente 53.
La metformina, un farmaco per il diabete, è un promotore autofagico che è stato sperimentato nel trattamento dell’Alzheimer e segnalato per migliorare i comportamenti ansiosi 54, 55.
Imatinib, un farmaco chemioterapico usato per trattare il cancro, induce l’autofagia nelle cellule della leucemia cronica 56.
Bortezomib, un farmaco antitumorale, induce l’autofagia nelle cellule di carcinoma della testa e del collo 57.
Litio: parte di una via di segnalazione che promuove l’autofagia nei mammiferi. Negli animali, è stato segnalato che il litio aumenta la degradazione delle proteine aggregate che causano la malattia di Huntington, l’Alzheimer e la demenza. Alcuni ricercatori attribuiscono questi effetti a un aumento dell’autofagia 58.
Come in tutte le cose, naturalmente, occorre equilibrio. Infatti, un’eccessiva stimolazione dell’autofagia non è certamente desiderabile, poiché innesca un dannoso auto-cannibalismo che può andare oltre il limite del recupero cellulare.
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